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Territorio di confine, caratterizzato da una viabilità carente e da una portualità poco sviluppata, l'Abruzzo di età moderna versava in un profondo stato di arretratezza: l'assenza di capitali e di iniziative imprenditoriali e le difficoltà di comunicazione di un'area in gran parte montuosa condizionavano la produzione agricola e manifatturiera. Il mercato regionale assumeva così le caratteristiche di una realtà frammentata con scambi rarefatti e disomogeneità dei prezzi, in cui la produzione era destinata in gran parte all'autoconsumo. A partire dall'Unità il miglioramento delle vie di comunicazione, la costruzione della linea ferroviaria adriatica e il conseguente collegamento commerciale con Roma, hanno favorito l'integrazione dell'Abruzzo nel mercato nazionale. L'economia regionale ha mostrato tuttavia uno sviluppo disomogeneo, con la progressiva concentrazione delle attività produttive e della ricchezza nelle aree costiere e lungo le principali vie di comunicazione. Solo sul finire dell'Ottocento, con l'arrivo dei capitali stranieri, si sono sviluppate le prime importanti iniziative industriali e si è dato avvio a quel processo di industrializzazione che si sarebbe poi alimentato con i capitali dei grandi gruppi imprenditoriali e con le capacità della borghesia industriale e commerciale della regione. I saggi contenuti in questo volume si concentrano sull'analisi di questioni legate alla storia dell'Abruzzo tra il XVI e il XIX secolo. Attraverso indagini condotte su fonti d'archivio e bibliografiche sono state studiate tematiche di carattere storico, sociale ed economico che hanno messo in risalto le peculiarità e le dinamiche dello sviluppo dell'economia regionale, nel più ampio contesto del Mezzogiorno in età moderna e contemporanea.